Il 6 settembre 2011 è nata l’ASD Quartotempo Firenze raccogliendo l’eredità di un progetto sociale ed educativo nato all’interno della Cooperativa Sociale Matrix Onlus.
Scuola calcio, settore giovanile, allenamenti aggiuntivi, prime squadre, Fiorentina Special, calcio per non vedenti.
Il gruppo basket accoglie atleti con difficoltà medio gravi, di età e capacità cestistiche varie.
Opportunità di formazione e inserimento lavorativo, progetti e laboratori nelle scuole, padel, yoga, gruppi di gioco..
In cui stare bene e divertirsi, in cui costruire relazioni stimolanti all’interno del gruppo, attraverso una proposta sportiva ed educativa qualificata, in cui possa esserci la possibilità di accoglienza anche per coloro che hanno più difficoltà nel collocarsi in gruppi sportivi.
In molti sport esiste un primo e un secondo tempo che scandiscono il confronto a livello sportivo tra due squadre; esiste anche un terzo tempo dove il confronto lascia spazio alla condivisione tra coloro che prima erano “avversari”.
Abbiamo pensato al “quarto tempo” come rappresentazione di tempo più ampio, che nasce e si nutre nei primi tre e si dilata accompagnando la persona nel proprio percorso di vita quotidiana.
Nelle nostre attività di gruppo poniamo l’attenzione su 5 aree dell’esperienza:
Conoscere se stessi e gli altri, sviluppando la consapevolezza di sé, dei propri limiti e risorse.
Richiede soluzioni specifiche e pertinenti, capaci di trattare la complessità dei disturbi che possono attentare all’equilibrio e alla serenità.
La finalità è quella di favorire una maggior autonomia cognitiva, utile nei processi di apprendimento anche in ambito scolastico.
La preparazione fisica-atletica ha lo scopo di accompagnare la disciplina praticata dallo sportivo.
La tattica può essere sia collettiva che individuale.
Lo sport per noi è lo strumento per conoscere se stessi e gli altri, per prendersi cura del proprio corpo e della propria salute, per giocare e divertirsi, per sentirsi partecipi nell’arricchimento di un progetto comune. Attraverso il gioco del calcio riuscire ad instaurare relazioni sempre più significative, condividendo con gli altri obiettivi, gioie, dispiaceri, risate e delusioni e assaporare le profonde differenze che ci sono tra noi tutti.
La nostra equipe lavora insieme da anni ed opera con professionalità per accompagnare ogni persona nel proprio percorso con la speranza che gli atleti, lasciando gli spogliatoi dopo la doccia ed entrando nel “quarto tempo”, portino via con sé un numero sempre maggiore di cose e che abbiano la possibilità di dare a tutto ciò che gli capita un significato sempre più ricco attraverso la propria unica legittima prospettiva ed interpretazione.
Matteo Fazzini – Presidente di Quartotempo Firenze – Responsabile area sportiva – allenatore di calcio Coni-Figc, Uefa B e Calcio a 5, dal 2011 allenatore nel settore giovanile di ACF Fiorentina.
Iacopo Fossi – Responsabile area psicologica ed educativa – Psicologo e Psicoterapeuta formato al CESIPc di Firenze, supervisore di tutta le dinamiche in campo, al fine di perseguire gli obiettivi di benessere, di crescita delle persone coinvolte e delle relazioni all’interno del gruppo.
Giovanni Avallone – Coordinatore delle attività sportive – allenatore di calcio e calcio a 5 con esperienza pluriennale con giovani e calcio femminile
Alice Bindi – Psicologa
Emanuele Bartolucci – Coordinatore delle attività sportive – educatore generico
Gabriele Lupi – Psicologo
Luca Catania – Collaboratore
Lorenzo Romagnoli – Collaboratore
Andrea Chiellini – Collaboratore
Michael Mazzanti – collaboratore
Gianluca Li Vecchi– collaboratore
Volontari: presenti in campo in numero idoneo per contribuire ad elevare la qualità della proposta e permettere ad ogni partecipante di potersi esprimere, imparare e divertirsi.
L’idea di creare questa associazione nacque da una semplice riflessione: “Se i ‘‘normodotati” hanno la possibilità di far parte di una vera e propria squadra di calcio, perché non pensare di crearne una aperta a tutti coloro che vogliono e possono fisicamente indossare delle scarpette da calcio e correre dietro un pallone?”. Ma il calcio, in fondo, per il progetto di Quartotempo, è una “scusa”, uno strumento per consentirci di lavorare su altro.
Per uno psicologo un luogo eccellente su cui affacciarsi ed osservare: è stato cosi che nell’idea iniziale è stata inclusa la figura di uno psicologo.
Il campo da calcio poteva essere un setting nuovo, denso di relazioni e semplici regole, di movimento fisico e mentale, di soddisfazioni e delusioni, di scambio. Insomma di vita. Il ruolo di “psicologo in campo” quindi: un punto di riferimento per gli atleti che avevano un nuovo luogo tutto per loro, in cui i genitori non avevano accesso se non in rare occasioni e in cui le figure costantemente presenti nella vita degli atleti potessero affacciarsi di tanto in tanto; un responsabile delle osservazioni su come gli atleti si muovevano nelle relazioni, e a cui i genitori potevano far riferimento per arricchire la propria conoscenza del figlio.
L’approccio alla persona adottato fu quello della ‘‘Teoria dei Costrutti Personali” di G.A.Kelly. La stesura del progetto fu intrisa delle più significative nozioni della teoria.
Secondo Buber, la vita, la realtà, il mondo, sono, essenzialmente, un complesso di relazioni interpersonali. La vita è tra persone e tra cose, non in esse, e noi non possiamo diventare sé o vivere come sé se non nelle relazioni, poiché la conoscenza di se stessi è eminentemente conoscenza di se stessi in relazione a un altro. Non c’è un io in se stesso, ma solo un io che sta di fronte a un tu nella realtà della relazione.
“Attraverso il Tu un uomo diventa Io”, una persona (Buber, 1923/1937, p. 28).
Forse era questo il senso che fece da molla ed innescò l’inizio del progetto, più di dieci anni fa. Molti anni, se si pensa che parliamo di tempo libero, erroneamente considerato non un bisogno primario. La sua longevità, a nostro avviso, supporta l’idea che l’io sia complementare al tu, come ricorda Buber.
La nostra associazione cerca di far tesoro soprattutto dell’invito che ogni punto di vista è legittimo, che è costruttivo pensare che non possa esistere una realtà data, giusta e migliore di un’altra. Ci smarriremmo in una competizione sterile, nel solipsismo, in un’esistenza privata dalla ricchezza del confronto con l’altro.
Al centro della teoria c’e il concetto che l’interazione tra due persone è possibile se vi è una comprensione reciproca. Se due persone sono completamente diverse non significa che non possano comprendere il modo in cui ciascuna costruisce gli eventi. Perché si possa entrare in relazione con un’altra persona, non è strettamente necessario che questa sia simile a noi.
Occorre invece, assumere il suo punto di vista, “mettersi nei suoi panni”, seppur molto diversi dai nostri, guardare il mondo attraverso i suoi “occhiali”.
In quel campetto di diversità ce n’è in abbondanza e più ci si immerge più è difficile interpretare assurdo ciò che vediamo, sentirsi superiore o quindi inferiore, vedersi nel giusto o pensarsi sbagliato. E’ in questo modo che il concetto di “disabilità”, lentamente, puo mutare forma fino a non avere più il senso che gran parte della cultura ancora gli dà.
Tutto è relativo: dipende dal punto di vista da cui ti affacci sul mondo.
La peculiarità del progetto sta nella delicata ma fondamentale interfaccia tra il piano tecnico e il piano psicologico. Il piano tecnico (ad appannaggio dell’allenatore) si fonda su un approccio comunicativo molto diretto al gruppo e non molto diversificato: il dover dare rapide soluzioni (attraverso stimolo-risposta) a situazioni calcistiche e la necessità di impartire esercizi tecnici, tattici e fisici (attraverso le regole della squadra e del gioco, il rispetto dei compagni e altri elementi funzionali alla “riparazione rapida”, al “risultato principale”, alla “conclusione”) trovano un’integrazione florida con l’altro piano che tende invece a perseguire più “la complessità dell’auto-ricostruzione”, il “processo” più che della conclusione.
Tutto ciò che riguarda la parte tecnica è funzionale per creare una dimensione di squadra “vera e propria” che risulta un fondamentale strumento per gli atleti nella costruzione di un senso sovraordinato dell’esperienza che stanno vivendo, basato sulla loro soddisfazione (che nasce dal giocare, dalla condivisione, dalla partecipazione e dal sentirsi parte di qualcosa), sull’attività fisica e sulla possibilità di raggiungere obiettivi in maniera rapida e facilmente accessibile (realizzare un gol, un passaggio, riuscire a bloccare un’azione avversaria, uno scambio verbale e non verbale …).
La creazione del senso del proprio agire, e in particolar modo poterlo condividere con i compagni, è peculiare da una parte per “agganciare” gli atleti all’attività, dall’altra per consentire allo psicologo di osservare e raccogliere elementi, aspetti del comportamento che si replicano e arricchiscono la conoscenza dell’atleta. Un processo di costruzione professionale dell’atleta corroborato dalla sempre maggiore possibilità di anticipazione di alcuni suoi comportamenti. In mezzo agli atleti, a volte defilandosi, a volte immergendosi nel gioco con tutte le scarpette, lo psicologo può osservare, ipotizzare, verificare e confermare o disconfermare la propria idea sul perché ognuno dei calciatori si muova in una certa maniera che gli consente di dargli gioia o disagio, dolore o speranza. Sta in mezzo a loro col proprio bagaglio d’ipotesi, in relazione diretta o di passaggio, come ritiene più utile nei vari momenti, sempre con l’obiettivo di co-costruire una strada alternativa da percorrere nel campo da calcio come nella vita di tutti i giorni. Anche l’aggancio perciò nasce come una co-costruzione (tra l’equipe, l’atleta e la squadra) di senso in cui la persona, con le sue caratteristiche, risiede al centro del processo; ed è importante per rendere meno percorribile l’abbandono dell’esperienza e poter dare una continuità al lavoro dell’equipe costruttivista riguardo alla proposta di nuovi modi di relazionarsi a se stessi, agli altri e all’etichetta pesantissima che si porta dietro il concetto di disabilità.
Si va ad agire con l’equipe (di cui fa parte anche l’allenatore in una veste diversa) su piani in cui si osserva un blocco dell’esperienza, cioè un ripetersi disadattivo del comportamento frutto spesso dell’incapacità transitoria di vedere alternative al proprio agire, o meglio di vedere il senso e la possibilità di percorrere strade alternative.
Osserviamo che i dettami dell’allenatore (un vero e proprio professionista) di natura tecnica, tattica, fisica sono “perturbazioni” che gli atleti interpretano in modi molto diversificati e che un’attenta osservazione può cogliere per consentire allo psicologo di entrare con delicatezza e sensibilità nella loro vita con molte informazioni. Tale azione si deve basare sulla conoscenza a mano a mano più profonda delle caratteristiche di ognuno di loro, dei modi in cui quella persona è solita “anticipare” e leggere gli eventi (cioè tutto ciò che accade).
Sono comunque copiosi i momenti “perturbativi” di cui l’equipe può approfittare: oltre ai dettami tecnici, tattici e fisici dell’allenatore vi sono le relazioni con la persona stessa dell’allenatore, con i compagni, con il pubblico, con lo psicologo e con l’educatore, con l’ospite, col nuovo atleta, con il pallone, con il gol, con le cadute e le ginocchia ferite, con il palo-fuori, con il rigore sbagliato e realizzato.
La squadra così concepita diventa un luogo altro dai luoghi in cui spesso le persone con disabilità si trovavano a vivere. In questo luogo “nuovo” è possibile sperimentarsi in maniera diversa: sono molto stimolate le relazioni nelle quali si prova a scoprire e a costruire il proprio ruolo e a riconoscere e legittimare il ruolo degli altri, attraverso processi di comprensione e accettazione (auto ed etero dirette).
Lo scopo è di co-costruire assieme all’atleta strumenti spendibili nella vita di tutti i giorni: vogliamo che il campo da gioco sia più che una semplice parte della vita; vogliamo sia un setting sperimentale, una metafora della vita stessa.
Nel tempo, l’evoluzione del ruolo dello psicologo ha portato tale figura a svolgere la funzione di supervisore della parte psicologica del progetto che, oltre ad osservare, raccoglie osservazioni degli operatori presenti al fianco degli atleti ma anche degli stessi atleti sui propri compagni. Tanto “materiale” per cercare di comprendere in che modo gli atleti della “ASD QuartoTempo Calcio” conoscono il mondo.
Far riferimento ad un’epistemologia costruttivista nella pratica clinica all’interno dei servizi socio-educativi ha rappresenta l’opportunità di seguire un approccio che cambia molte teorie e pratiche comuni nella tradizione dell’educazione: non la riteniamo la migliore prospettiva in assoluto, la più efficace ed efficiente, ma piuttosto un’opportunità di conoscenza e scoperta di nuovi vincoli e nuove possibilità nel lavoro educativo, la cui creatività è spesso smorzata da sistemi di classificazione, diagnosi immodificabili, programmi didattici, progetti “oggettivamente” funzionali per tutte le persone.
La progettazione educativa, in una prospettiva costruttivista, può essere vista come un’occasione per costruire un cambiamento delle persone coinvolte verso modalità di funzionamento più soddisfacenti per la persona, o quantomeno di facilitare questa ricerca.
Partiamo da una sintesi di ciò che significa adottare una prospettiva costruttivista nell’ambito della progettazione educativa mettendo in relazione i presupposti teorici con la costruzione del lavoro educativo:
La realtà ontologica non è né conoscibile né approssimabile. La realtà di ciascuno di noi è una costruzione personale: il criterio di simmetria tra costruzione personale e mondo ontologico è sostituito da quello di percorribilità delle costruzioni personali (una costruzione è percorribile nella misura in cui non è ostacolata da vincoli del mondo ontologico).
Le costruzioni personali, le diverse visioni del mondo hanno un’intrinseca validità: ogni forma di vita è unica, autolegittimata e autogiustificata pur essendo una realizzazione tra le innumerevoli possibili.
La disabilità, il disagio sociale, il ritardo mentale non sono dati di fatto, verità, ma possono essere considerate come costruzioni utilizzate dalla persona per costruire un senso di sé, degli altri e delle sue relazioni.
Dato che tutte le costruzioni sono personali (costruirsi come disabile non è uguale per tutti, non ha le stesse implicazioni) tale costruzione ha una sua intrinseca validità, una legittimità: attraverso la conoscenza del mondo della persona si può comprendere la sua costruzione della propria disabilità e l’implicazione che essa ha.
la conoscenza è dipendente dall’osservatore: non è un processo di rispecchiamento, né di rappresentazione della verità, ma un processo di costruzione personale. La conoscenza della verità, di una realtà assoluta, ha quindi poco senso: ciò che interessa è la conoscenza delle costruzioni personali, della realtà della persona. Questo significa che per conoscere la persona è fondamentale imparare a costruire il mondo attraverso i suoi occhi, mettersi nei suoi panni, comprendere la sua prospettiva, mettendosi in relazione.
conoscere l’altro attraverso il proprio specifico modo di conoscere: nella relazione con l’altro ci sono in gioco le mie costruzioni e le costruzioni dell’altro. La mia conoscenza non è oggettiva, ma personale. Il confronto con gli altri è un’opportunità di considerare altre prospettive rispetto agli stessi elementi considerati o altri elementi (LAVORO DI EQUIPE).
Ci interessa conoscere la persona e non solo una delle categorie con cui viene descritta: “È una sindrome di down, è una tetraparesi, è un’encefalopatia profonda….”; la persona e non solo i sintomi, non solo l’elenco di ciò in cui è rimasta indietro o l’elenco di ciò che deve imparare per essere normalizzata.
Questo ci introduce al concetto di diagnosi transitiva.
A cosa serve una diagnosi?
Classicamente serve a definire alcuni aspetti ritenuti rilevanti della persona per poi decidere come muoversi: ICDH, ICF e altri tipi di classificazione come le diagnosi sociali, hanno lo scopo di creare un linguaggio comune, e soprattutto di stabilire criteri di definizione condivisi sulla base dei quali poter poi decidere quale tipo di trattamento o riabilitazione applicare a quella categoria. Il senso di questa diagnosi e di questi strumenti è chiaro all’interno dei contesti professionali medici, sociali.
Nel contesto della progettazione educativa, adottando un punto di vista costruttivista, è più utile considerare la diagnosi come un’iniziale descrizione del momento di vita della persona, un momento non definitivo della sua storia; questo momento può essere descritto allargando la nostra conoscenza alla comprensione della persona e dei processi di costruzione di ciò che gli crea una sofferenza personale, di ciò che la soddisfa, di ciò che pensa sia stato e di cosa pensa che sarà.
Il contesto in cui è possibile comprendere l’altro è la relazione con la persona, considerata lo strumento del lavoro educativo.
La persona è “la maggiore esperta di sé”, della propria prospettiva del mondo, di cosa pensa, sente, vuol fare, non vuol fare, desidera, non desidera. Si evince perciò una visione dinamica della persona, non statica.
Progettare qualcosa che riguarda una persona significa pensare che questa persona sia un protagonista, negando la possibilità di una figura esperta esterna possa sostituirsi a essa nella gestione delle proprie problematiche o della propria vita.
Significa che la prima persona cui chiediamo cosa voglia fare e come lo voglia fare è la persona che è la protagonista del progetto che vogliamo costruire.
Questa scelta spesso è difficilmente condivisibile all’interno della rete di persone che partecipano al progetto, soprattutto nei casi d’interdizione della persona o di dubbi sulla possibilità di comunicare in qualche modo con essa. Rispetto a quest’ultimo punto, riteniamo ci sia, anche nei casi ritenuti più gravi, una possibilità di comprendere l’esperienza dell’altro.
La persona è in continuo MOVIMENTO di ampliamento, accomodamento, verifica del proprio modo di funzionare e vivere; ogni persona continua a svilupparsi o cambiare dal momento in cui nasce, può essere perciò considerata come una forma di movimento.
Questo significa non dare mai per definitiva e statica una lettura /comprensione di essa ma considerarla una modalità /caratteristica o un momento del suo sviluppo e crescita personale.
A livello educativo significa mettere in continua discussione le ipotesi d’intervento, essere sempre pronti a cogliere i segni del futuro, senza per questo sfociare nel caos.
Questo ha importanti implicazioni nella relazione con la persona, principalmente nei termini di SPERANZA nella possibilità di cambiamento personale.
Il disturbo rappresenta un blocco di questo continuo movimento che è la persona, del processo continuo di costruzione e ricostruzione della sua esperienza, alla perdita di un adattamento all’ambiente. La terapia mira a favorire nella relazione con il cliente un’esplorazione della conoscenza personale e soprattutto un’elaborazione di modi alternativi di costruire se stesso e la sua relazione con gli altri, tale da permettere una dissoluzione del problema presentato, un benessere.
Il disturbo è dato dalla difficoltà del soggetto a creare un’alternativa alla gestione/funzionamento che si sta mostrando non funzionale/provocatrice di sofferenza soggettiva (non riesce a fare scelte diverse). In questo ambito spesso il disturbo è identificato con la disabilità stessa e gli aspetti problematici come correlati della diagnosi. In quest’ottica il disturbo non è identificabile nella disabilità, quanto nelle relazioni della persona alla luce della sua costruzione di “sé disabile” e degli “altri non disabili”.
Il superamento del disturbo perciò non avviene con la “correzione” del funzionamento sbagliato con uno giusto per definizione, bensì attraverso la creazione di un nuovo modo di funzionare che né gli “esperti” né la persona inizialmente hanno a disposizione, con la creazione di nuovo movimento (le scelte) personale che porti a un benessere soggettivamente esperito.
Tutto ciò che una persona può fare, agire, pensare, sentire, è permesso e vincolato dalla sua struttura, dal suo modo di vedere se stesso e il proprio contesto.
Favorire un cambiamento significa perciò costruire una relazione attraverso la quale COMPRENDERE la persona attraverso l’ESPLORAZIONE della conoscenza personale (che può di per sé già facilitare un cambiamento) e soprattutto attraverso l’ELABORAZIONE creativa e la SPERIMENTAZIONE di modi alternativi di costruire sé e gli altri che sia per essa plausibili.
Costruire un progetto educativo significa favorire un cambiamento attraverso la costruzione di una RELAZIONE con la persona: COMPRENDERE la richiesta della persona, in che cosa consiste il suo problema, come vede il suo mondo e anche noi, attraverso:
In un’ottica costruttivista, il LAVORO DI PROGETTAZIONE EDUCATIVA può essere visto come un processo co-costruito da più soggetti e finalizzato alla facilitazione di un CAMBIAMENTO attraverso la riattivazione della creatività individuale della persona; l’avventura di due o più soggetti che scoprono insieme dove la persona potrà sentire un benessere.
Tale progettazione si deve muovere su sei linee guida:
1. CHIEDILO ALLA PERSONA
I progetti di A. Iantaffi, I. Sinka e J. Jarvis del 2002 e di M. Sheridan del 2000, rappresentano esempi di studi nel campo dell’educazione di persone con specifiche disabilità in una prospettiva costruttivista: in entrambi gli studi, il gruppo di ricercatori sceglie di spostarsi dalla più comune prospettiva di “processo di normalizzazione” della persona con disabilità (come definire cosa sia normale o standard ?) e quindi dal dilemma “integrazione/segregazione”, verso un’ipotesi di persona come migliore esperta di sé e quindi come “fonte migliore” per una riflessione sull’esperienza d’integrazione sociale.
Questo significa considerare insieme quale tipo di scelte (es. integrative o esclusive ma anche altre) siano migliori per la persona, ritenendo che possa avere poco senso conoscere solo il parere degli educatori, degli insegnati, della famiglia, dello psicologo, del medico, del vicino, dell’esperto… e di tutti quelli che condividono “la presa in carico” di un progetto in cui è assente il protagonista!
2. CREARE IPOTESI E VERIFICARLE
Nel lavoro educativo e nella progettazione educativa il primo punto fondamentale è creare ipotesi sulla base degli elementi di conoscenza e della comprensione della persona.
Il lavoro di creazione delle ipotesi è portato avanti da tutti i membri dell’equipe: le ipotesi nascono e si verificano nella relazione con la persona e sono rimesse in discussione.
3. RIATTIVARE UN MOVIMENTO
Il lavoro sulla possibilità di SCEGLIERE/DECIDERE, di muoversi, di ogni persona (del soggetto ma anche dell’educatore stesso) e sull’assunzione di RESPONSABILITÀ’ rispetto alla scelte che fa.
Questo si applica, ad esempio, sulla proposta di attività, situazioni, che l’equipe anticipa come potenzialmente stimolanti per la persona: la possibilità di scegliere cosa sperimentare, la plausibilità di farlo e la responsabilità rispetto alle scelte, è un aspetto fondamentale della programmazione stessa di attività all’interno del progetto.
4. LA RELAZIONE
Nell’agire educativo è fondamentale costruire il senso di ciò che accade come qualcosa che avviene fra due o più persone ovvero qualcosa che avviene nella relazione tra essi. Tutto nasce e si trasforma nella RELAZIONE tra la persona e il suo contesto (consideriamo la possibilità che non sono né gli eventi a determinarci, né noi a determinare eventi, ma è nella relazione che possiamo facilitare cambiamenti).Ad esempio un comportamento descritto come aggressivo da parte di una persona può essere costruito come una sua caratteristica, oppure come un modo che caratterizza la relazione tra quelle due persone in quel momento. Questo vale sia per gli utenti che per i familiari (es. animazione socio educativa).
5. LA PRESA IN CARICO
STORICITÀ
È necessario considerare la storia della persona, i suoi cicli di sviluppo, la storia della diagnosi, delle difficoltà, degli interventi e percorsi sperimentati.
GLOBALITÀ
Presa in carico globale o complessiva significa non considerare la persona a segmenti, a pezzettini, ma allagare la nostra attenzione a tutto ciò che fa parte della sua vita, in particolare alla sua famiglia e al contesto in cui soggetto e famiglia si muovono, vivono, di cui fanno parte. Significa inoltre considerare la persona nelle diverse aree della sua esistenza: un intervento ineccepibile in una sola area non necessariamente può migliorare la vita di una persona.
CONTINUITÀ
Una presa in carico efficace garantisce la continuità dell’intervento attraverso la costruzione delle RETI: il perno di una rete è sempre meno significativo del collegamento stesso. è necessario lavorare sulla costruzione di quei collegamenti che garantiscono la continuità, lavorare sull’attivazione delle risorse e sul riconoscimento della validità delle letture.
Una progettualità efficace necessita di essere complessiva, contestualizzata nello spazio e nel tempo, e personalizzata garantendone la continuità attraverso la costruzione delle reti.
6. APPROCCIO MULTIDISCIPLINARE – IL LAVORO DI EQUIPE
MULTIDISCIPLINARE non significa che considera la SOMMATORIA di più risorse/professioni che lavorano a compartimenti stagni; significa INTERAZIONE, nonostante ciascuna professione/risorse/persona tenda comunque a sintonizzarsi sui propri specifici schemi o costrutti prioritari.
L’EQUIPE MULTIDISCIPLINARE rappresenta dunque il CONTESTO PRIMARIO della progettazione educativa: i percorsi educativi sono costruiti come “traiettorie multidisciplinari” all’interno delle quali i cambiamenti più rilevanti per la persona sono più legati ai “dettagli” soggettivamente rilevanti più che ai grandi eventi oggettivi.
7. Qualità della vita: l’importanza del concetto di ‘‘Posizione Ortogonale’’
La teoria dei Costrutti Personali definisce “posizione ortogonale” la posizione che un terapeuta assume in una relazione col paziente quando si muove con quella persona scivolando via rispetto a quelle dimensioni di significato centrali (nucleari) della persona e che il terapeuta ipotizza abbiano a che fare con il disturbo. Se anche il terapeuta permettesse al paziente di relazionarsi con lui con gli stessi costrutti che utilizza in relazioni con altre persone al di fuori della terapia, non favorirebbe alcun movimento ma procrastinerebbe il ripetersi di tali costrutti e il paziente non sperimenterebbe un’esperienza differente (cioè non sperimenterebbe un processo ricorsivo.). Il termine ortogonalità è un termine che attinge al linguaggio geometrico e rende più comprensibile a livello figurativo il porsi da parte del terapeuta in un modo tale che il cliente non possa collocarlo su alcuna delle dimensioni di significato sulle quali si muove abitualmente, altrimenti, di nuovo, non potrebbe fare un’esperienza diversa. L’ortogonalità richiama la perpendicolarità: la perpendicolarità non può prescindere dall’orizzontalità. Ecco, immaginiamo la dimensione di significati che il paziente usa come una linea orizzontale dicotomica, cioè che ha per poli due chiavi di lettura del mondo in contrasto. La comprensione dell’altro (in questo caso il paziente, gli atleti con disabilità nel caso dell’associazione) permette il tendere alla conoscenza della dimensione orizzontale. La comprensione dell’altro perciò diviene imprescindibile altrimenti come potrebbe un terapeuta posizionarsi perpendicolarmente se non cercasse di comprendere a cosa dovrebbe posizionarsi perpendicolarmente?
Storicamente l’ambito sociale e sanitario si è approcciato alla disabilità e al disagio in genere nella dimensione di significato, che potremmo rappresentare geometricamente come una linea orizzontale che si estende dicotomicamente tra due poli in contrasto, che sono l’assistenzialismo da un lato e il reinserimento nella società (dopo anni passati nei manicomi o in centri prevalentemente assistenziali) dall’altro. È questa la dimensione cui il progetto dell’ ASD QuartoTempo Calcio cerca di posizionarsi ortogonalmente, verticalmente, una terza via insomma che non sia avulsa da questa dimensione ma che da essa origini e che allo stesso tempo si muova in una direzione differente che favorisca un movimento ricorsivo. L’assistenzialismo, uno dei due poli, è uno dei modi di interpretare il concetto di “assistere” e affonda le proprie radici in un approccio alla persona che non mette al centro il punto di vista dell’assistito e quindi la comprensione di ciò che è importante per essa, ma presuppone che ci siano dei bisogni generali che siano centrali per tutte le persone. In questo modo quindi il rischio è di “perdere di vista” la persona. L’assistenzialismo può essere utile in una fase di supporto e sostegno, ma portato avanti nel tempo rischia di moltiplicare le condizioni affinché la persona si ponga in una posizione passiva, ripetitiva e con poche alternative esperienziali. Altresì Il reinserimento forzoso di persone (l’altro polo della dimensione dicotomica) che abbiano vissuto in luoghi protetti, benché in molti casi ghettizzanti, come i manicomi e in forma minore i centri socio-assistenziali, ha creato problematiche in primis alle stesse persone reinserite ma anche alla società in quanto le esperienze relazionali all’interno di queste strutture sono difficilmente riproponibili nella società.
Nella definizione di ortogonalità si è detto che la terza via non debba essere avulsa dalla dimensione cui si pone perpendicolare ma che da essa origini e che allo stesso tempo si muova in una direzione differente da essa. Nell’idea di questo progetto, il concetto di “assistere” e il concetto di “integrare” divengono allora quel punto di origine dal quale nasce la nuova differente direzione da perseguire; una differenza che origina da un’interpretazione diversa di questi due concetti. In un’ottica costruttivista ermeneutica “assistere” è uno “stare accanto” alla persona con una visione di essa dinamica, non statica: la persona è in continuo movimento di ampliamento, accomodamento, verifica del proprio modo di funzionare e vivere; ogni persona continua a svilupparsi o cambiare dal momento in cui nasce, può essere perciò considerata come una “forma di movimento”.
Questo significa non dare mai per definitiva e statica una lettura/comprensione di essa ma considerarla una modalità/caratteristica o un momento del suo sviluppo e crescita personale. Questo ha importanti implicazioni nella relazione con la persona, principalmente nei termini di speranza nella possibilità di cambiamento personale.
Andiamo a vedere qual è lo specifico obiettivo che ci siamo proposti nel progetto: la qualità della vita. La qualità della vita rappresenta l’OBIETTIVO PRIMARIO e il CRITERIO fondamentale di valutazione dell’efficacia della progettualità.
Ci sono tanti modelli teorici alla base della definizione del concetto di qualità della vita, modelli creati e utilizzati in ambito sociale, sanitario, comunitario.
Quello cui si fa riferimento, è il modello di Becker (1993) in cui viene considerato come punto di partenza la constatazione che per ogni individuo è difficile trovare motivi di soddisfazione e benessere in ambiti di vita che non rientrano nel proprio interesse (anche se sperimenta un successo, la sua percezione di soddisfazione può non essere rilevante). Il modello parte dalla definizione di ambiti della vita generali o AREE GENERALI applicabili a tutte le persone e prende in esame la relazione tra la percezione individuale dell’importanza (I) attribuita a questi ambiti e la percezione individuale della soddisfazione (S) provata negli stessi; inoltre il modello propone una combinazione di elementi di valutazione della qualità della vita, introducendo la considerazione delle opportunità (O) che la persona ha di sviluppare i propri interessi e delle effettive capacità o partecipazione decisionale (D) che può mettere in campo in quella data area. Dallo sviluppo di questo modello è nato il QUALITY OF LIFE INSTRUMENTS PACKAGE che consiste in un insieme di questionari auto ed etero valutativi.
Come si legge dalle prime righe dello statuto, Quartotempo nasce con l’intento primario di propagandare la pratica dell’attività sportiva dilettantistica allo scopo di migliorare le condizioni psicofisiche degli atleti favorendo uno scambio culturale e promuovendo pari opportunità e collaborazione e contribuendo a garantire e uguaglianza di dignità e di diritti.
Quartotempo si pone l’ambizioso obiettivo di migliorare la qualità della vita e il benessere delle persone attraverso lo sport e tutte le attività collaterali necessarie per diffonderne la pratica con particolare attenzione rivolta ai giovani e alle persone con disagio intellettivo, relazionale, con problematiche psichiatriche o altre situazioni di svantaggio o a rischio di esclusione sociale.
Art.1 – Denominazione e sede
E’ costituita l’associazione sportiva dilettantistica riconosciuta denominata “Quartotempo Firenze – associazione sportiva dilettantistica”, con sede in Campi Bisenzio, la quale è retta dal seguente statuto. L’associazione potrà costituire delle sezioni distaccate nei luoghi che riterrà più opportuni al fine di meglio raggiungere gli scopi sociali. La denominazione sociale potrà essere integrata con altre espressioni con delibera del Consiglio Direttivo.
Art.2 – Scopi e attività
L’associazione ha scopo primario di praticare e propagandare l’attività sportiva dilettantistica destinata a migliorare le condizioni psicofisiche dei praticanti, promuovendo una cultura di Pari Opportunità che contribuisca a garantire a tutti i “Cittadini del Mondo” l’eguaglianza in dignità e diritti; l’associazione ha come scopi anche:
– favorire le opportunità di gioco, svago ed altre attività esperienziali per tutte le persone considerando il tempo libero per ogni persona un diritto imprescindibile di cittadinanza;
– promuovere il benessere e la qualità della vita della persona attraverso la pratica spoftiva in tutte le possibili discipline ( in particolare del gioco del calcio), attraverso anche altre attività collaterali che implementino le opportunità per tale promozione; promuovere, organizzare e diffondere la pratica sportiva per tutte le persone, con particolare attenzione ai giovani, a persone con disagio intellettivo, relazionale, con problematiche psichiatriche o altre situazioni di svantaggio o rischio di esclusione sociale;
– coinvolgere partecipanti e diffondere il messaggio a tutta la popolazione in particolare tra i giovani per valorizzare lo sport come importante ed efficace veicolo di integrazione e socializzazione.
Per raggiungere tali scopi l’associazione svolgerà le seguenti attività:
– Creare uno o più gruppi calcistici e sportivi.
– Creare uno o più gruppi che condividono esperienze collaterali allo sport.
– Progettare e sviluppare percorsi educativi e sportivi individuali per tutte le persone appartenenti ai gruppi calcistici e sportivi dell’Associazione.
– Sostenere la famiglia dell’atleta attraverso percorsi individuali o di gruppo, anche con il supporto di terapie psicologiche.
– Promuovere azioni di approfondimento culturale volte alla sensibilizzazione della comunità rispetto al tema della “diversità”, dei diritti, della legalità e degli stili di vita.
– Favorire studi e ricerche in ambito tecnico-sportivo, sociale, psico-pedagogico e medico.
– Organizzare momenti di incontro, convegni e quant’altro possa creare scambio tra realtà e persone, incentivando la creazione di una “rete” fertile tra tutti i soggetti.
– Organizzare incontri, eventi o quant’altro possa permettere la partecipazione e la piena integrazione delle persone con disabilità o altre situazioni di svantaggio o rischio di esclusione sociale.
– Promuovere attività di Formazione per i soci, atleti, familiari, operatori sportivi e qualsiasi altra persona interessata.
– Progettare e realizzare percorsi formativi riguardo alla Progettazione di Percorsi educativi e sportivi.
– Progettare e realizzare percorsi formativi riguardo alla creazione di Gruppi Sportivi che si pongano il fine di accogliere persone con disabilità o altre situazioni di svantaggio o rischio di esclusione sociale.
– Fornire collaborazione, risorse umane , strumenti, metodologie di lavoro e quant’altro possa servire a realtà che si pongano l’obiettivo di costituirsi come gruppo sportivo che accolga persone con disabilità o altre situazioni di svantaggio o rischio di esclusione sociale.
– Progettare e realizzare percorsi formativi riguardo al coordinamento di gruppi sportivi, con particolare attenzione ai gruppi sportivi che accolgano persone con disabilità o altre situazioni di svantaggio o rischio di esclusione sociale.
– Progettare e realizzare percorsi formativi riguardo alla Supervisione alla Progettazione
– Educativa di gruppi sportivi, con particolare attenzione ai gruppi sportivi che accolgano persone con disabilità o altre situazioni di svantaggio o rischio di esclusione sociale.
– Progettare e realizzare percorsi formativi riguardo alla Conduzione Tecnica dell’attività sportiva, con particolare attenzione alle attività sportive che accolgano persone con disabilità o altre situazioni di svantaggio o rischio di esclusione sociale.
– Organizzare eventi o altre azioni di raccolta fondi da destinare ai fini sociali dell’Associazione.
– Gestire spazi ed attrezzature sportive, luoghi di socializzazione ed integrazione e luoghi di
– Ristorazione (anche Bar) che permettano di sviluppare socialmente ed economicamente l’Associazione, con il contributo attivo di persone con disagio intellettivo, relazionale o altre situazioni di svantaggio o rischio di esclusione sociale.
– Studiare le tecniche migliori per la proposta dell’attività sportiva a tutte le persone, con una forte attenzione per quelle persone che necessitano di strumenti materiali, educativi o di altro tipo per poter svolgere nel modo migliore l’attività sportiva.
– Collaborare ed interagire con Istituti Scolastici e di formazione per promuovere gli scopi dell’Associazione.
– Promozione di esperienze legate allo sport rivolte a persone con svantaggio/disabilità,
– Promozione del turismo sportivo e ambientale e dell’accessibilità per persone con svantaggio/disabilità.
– Promuovere l’autonomia e la mobilità dei giovani ed in particolare di coloro che vivono in condizione di svantaggio o disabilità, promuovendo anche in collaborazione con altre agenzie, progetti di scambio europeo.
– Partecipare a dimostrazioni, gare, tornei, campionati.
– Indire manifestazioni, gare, rassegne, spettacoli, seminari, convegni che abbiano a tema le discipline dell’associazione.
– Svolgere attività didattica per l’avvio, l’aggiornamento e il perfezionamento nello svolgimento della pratica dello sport.
– Irganizzare corsi di propedeutica allo sport dedicate ai bambini.
– Svolgere attività editoriali (anche multimediali) che abbiano a tema le discipline perseguite dall’associazione.
– Collaborare con altre associazioni, enti, società che abbiano interessi affini o che comunque si adoperino per la diffusione della cultura sportiva;
L’associazione non ha scopi di lucro; potrà svolgere solo attività commerciali direttamente connesse alle attività istituzionali; gli eventuali proventi della attività associativa dovranno essere reinvestiti in attività sportive. Durante la vita dell’associazione non potranno essere distribuiti, anche in modo indiretto, fondi, riserve o capitale, salvo che questo sia imposto dalla legge.
Art.3 – Affiliazione
L’associazione procederà eventualmente ad affiliazioni a federazioni nazionali o ad enti di promozione sportiva. L’associazione accetta incondizionatamente di conformarsi alle norme, agli statuti, ai regolamenti e alle direttive del CONI e delle eventuali federazioni o enti di promozione sportiva cui aderirà.
Costituiranno parte integrante del presente statuto le norme degli statuti e dei regolamenti federali nella parte relativa all’organizzazione o alla gestione delle società affiliate.
Art.4 – Funzionamento
L’associazione garantisce la democraticità della struttura e l’elettività delle cariche. L’attività istituzionale ed il regolare funzionamento delle strutture dovranno essere garantiti dalle prestazioni volontarie degli aderenti all’associazione, ai quali potranno essere riconosciuti, ai sensi delle vigenti disposizioni di legge, rimborsi e/o indennità (che potranno essere indennizzate mediante il riconoscimento di un compenso congruo rispetto all’entità e la complessità dell’impegno richiesto); nel caso la complessità, l’entità nonché la specificità dell’attività richiesta non possa essere assolta dai propri aderenti, sarà possibile assumere lavoratori dipendenti o avvalersi di prestazioni di lavoro autonomo.
Art.5 – Soci e Domanda di ammissione
L’associazione si può comporre di un numero illimitato di associati. Possono essere associati tutti coloro che ne facciano espressa domanda e siano accettati dal Consiglio Direttivo.
In caso di domanda di ammissione a socio presentata da minorenni, la stessa dovrà essere controfirmata dall’esercente la potestà parentale. Il genitore che sottoscrive la domanda rappresenta il minore a tutti gli effetti nei confronti dell’associazione e risponde verso la stessa per tutte le obbligazioni dell’associato minorenne.
Vista la particolare natura dell’associazione potranno essere presenti due categorie di soci:
– Soci ordinari: partecipano attivamente alla vita dell’Associazione ed al perseguimento degli scopi contribuendo in modo continuativo con riferimento alle proprie capacità e possibilità economiche, culturali e professionali e lavorative; hanno diritto di voto all’Assemblea e sono eleggibili alle cariche Sociali. Sono obbligati al versamento della quota annuale;
– Soci fruitori: partecipano attivamente alla vita dell’Associazione ed al perseguimento degli scopi in qualità di fruitori dell’attività sportiva; hanno diritto di voto all’Assemblea e sono eleggibili alle cariche Sociali. Sono obbligati al versamento della quota annuale.
Ai soci sarà garantita uniformità di rapporto associativo e modalità associative volte ad assicurare l’effettività del rapporto medesimo senza limiti temporali e con diritto di voto, a condizione che abbiano raggiunto la maggiore età.
Art.6 – Durata
L’associazione ha durata fino al 31/12/2050. L’eventuale proroga dovrà essere deliberata dall’assemblea straordinaria.
Art. 7 – Patrimonio
Il patrimonio dell’associazione è costituito dalle entrate delle quote associative, determinate annualmente dal Consiglio Direttivo, dai beni acquistati o pervenuti comunque da privati o enti, dalle contribuzioni o donazioni di soci, privati od enti, da entrate commerciali connesse all’attività istituzionale, dalle eventuali sovvenzioni del CONI, delle Federazioni sportive o di altri enti, dai premi e dai trofei vinti.
Art.8 – Quota associativa
Gli associati sono obbligati al versamento della quota annuale nella misura stabilita dal Consiglio Direttivo. Ove in regola con tale versamento, partecipano con pieno diritto e con voto deliberativo all’assemblea.
La quota e/o gli eventuali contributi associativi non sono trasmissibili.
Art.9 – Decadenza dei soci
Gli associati cessano di appartenere all’associazione: per recesso; per decadenza; per esclusione.
Il recesso si verifica quando l’associato presenti formale dichiarazione di dimissioni al Consiglio Direttivo. Il recesso ha effetto solo dopo la sua accettazione da parte del consiglio.
L’associato è dichiarato decaduto quando non esplica più l’attività per la quale è stato ammesso o quando non provveda al versamento della quota associativa entro un mese dalla comunicazione del consiglio della quota dovuta.
L’associato è escluso quando incorra in inadempienze degli obblighi derivanti dal presente statuto o dai regolamenti, o quando siano intervenuti gravi motivi(anche di natura sportiva) che.. rendano incompatibile la prosecuzione del rapporto associativo.
La decadenza viene verbalizzata dal consiglio e l’esclusione è deliberata dal Consiglio Direttivo, sentito l’associato interessato. La delibera di esclusione deve essere comunicata allo stesso associato con lettera raccomandata con avviso di ricevimento.
Avverso la delibera di esclusione, l’associato può ricorrere all’assemblea; il ricorso deve essere proposto, a pena di nullità, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma precedente
L’associato escluso con provvedimento definitivo non potrà essere più ammesso.
Art.10 – Organi
Sono organi dell’associazione:
l’Assemblea generale dei soci;
il Consiglio Direttivo;
il Presidente dell’associazione ed il Vice Presidente.
Art.11 – Assemblea
L’assemblea generale dei soci è la riunione in forma collegiale degli associati ed è il massimo organo deliberativo dell’associazione: è convocata in sessioni ordinarie e straordinarie.
All’assemblea sono demandate tutte le decisioni concernenti l’attività necessaria per il conseguimento della finalità associativa.
Art.12 – Compiti dell’Assemblea
L’assemblea riunita in via ordinaria:
– approva il rendiconto(o il bilancio) economico e finanziario e gli eventuali bilanci preventivi;
– delibera sugli indirizzi e sulle direttive generali dell’associazione nonché in merito all’approvazione dei regolamenti sociali e su tutti gli argomenti attinenti alla vita ed ai rapporti della stessa che non rientrino nella competenza dell’assemblea straordinaria e che siano legittimamente sottoposti al suo esame;
– nomina il Presidente dell’Associazione, il Vice Presidente ed il Consiglio Direttivo;
– delibera in merito agli argomenti siano ad essa sottoposti da parte del consiglio direttivo o dal presidente;
– qualora vi sia la richiesta di almeno un terzo degli associati, i quali devono indicare l’argomento della riunione.
L’assemblea è convocata, in via straordinaria:
– per deliberare sulle modifiche statutarie o sullo scioglimento dell’associazione:
Le assemblee sono presiedute dal Presidente del Consiglio Direttivo: in caso di sua assenza
in caso di sua assenza o impedimento dal vice presidente o da una delle persone legittimamente intervenute all’assemblea e designata dalla maggioranza dei presenti.
L’assemblea nomina un segretario e, se necessario, due scrutatori.
L’assistenza del segretario non è necessaria quando il verbale dell’Assemblea sia redatto da un notaio.
Il Presidente dirige e regola le discussioni e stabilisce le modalità e l’ordine delle votazioni.
Art.13 – Riunione e costituzione dell’Assemblea
L’assemblea deve riunirsi almeno una volta all’anno entro quattro mesi dalla chiusura dell’esercizio sociale per l’approvazione del rendiconto(o dal bilancio) economico e finanziario.
L’assemblea è convocata con delibera del Consiglio Direttivo.
La convocazione dell’assemblea ordinaria avverrà minimo otto giorni prima mediante affissione di avviso nella sede dell’associazione.
Nella convocazione dell’assemblea devono essere indicati il giorno, il luogo e l’ora dell’adunanza e l’elenco delle materie da trattare.
Potranno prendere parte alle assemblee ordinarie e straordinarie dell’associazione i soli soci in regola con il versamento della quota annuale.
Avranno diritto di voto solo gli associati maggiorenni.
Ogni partecipante all’assemblea con voto deliberativo ha diritto ad un solo voto.
L’associato può farsi rappresentare nell’assemblea da altro associato purché munito di delega scritta; ogni associato non può essere portatore di più di una delega.
L’assemblea è validamente costituita, in prima convocazione, quando sia presente la metà degli associati aventi diritto di voto deliberativo; in seconda convocazione qualunque sia il numero degli intervenuti.
Le delibere, salvo quelle aventi ad oggetto le modifiche dello Statuto e lo scioglimento dell’associazione sono approvate nell’assemblea in prima convocazione, ove ottengano la maggioranza assoluta dei voti; ed in quella in seconda convocazione, ove ottengano la maggioranza relativa dei voti.
Le modifiche dello Statuto sono validamente approvate solo se ottengono la maggioranza assoluta dei voti spettanti a tutti gli associati con diritto a voto deliberativo.
Lo scioglimento dell’associazione è validamente deliberato dall’assemblea generale dei soci, convocata in seduta straordinaria, solo se ottiene il voto favorevole di almeno due terzi degli associati aventi diritto a voto deliberativo, con esclusione delle deleghe.
Di ogni assemblea si dovrà redigere apposito verbale firmato dal Presidente della stessa, dal Segretario e, se nominati, dagli scrutatori.
Copia dello stesso deve essere messo a disposizione di tutti gli associati con le modalità ritenute più idonee dal Consiglio Direttivo al fine di garantirne la massima diffusione.
Art.14 – Presidente
Il Presidente dell’Associazione è eletto dall’assemblea tra gli associati fondatori od ordinari, dura in carica tre anni(come il consiglio direttivo) e rappresenta l’associazione e ne manifesta la volontà. Presiede normalmente il consiglio direttivo e l’assemblea.
Art.15 – Vice Presidente
Il Vice Presidente dell’associazione è eletto dall’assemblea tra gli associati fondatori od ordinari, dura in carica tre anni. Sostituisce il Presidente in caso di sua assenza o di impedimenti temporanei ed in quei compiti nei quali venga espressamente delegato.
In caso di impedimento definitivo, per qualsiasi motivo, del Presidente rimane in carica per gli affari ordinari e per la convocazione – entro un mese – dell’assemblea per l’elezione di tutte le cariche associative.
Art.16 – Consiglio Direttivo
Il Consiglio Direttivo è composto da: il Presidente dell’associazione che lo presiede; il Vice Presidente; due o più Consiglieri.
I Consiglieri sono eletti dall’assemblea tra gli associati. Il Consiglio Direttivo dura in carica tre anni ed i suoi componenti sono rieleggibili.
Possono ricoprire cariche sociali i soli soci in regola con il pagamento delle quote associative che siano maggiorenni, non ricoprano cariche sociali in altre società ed associazioni sportive dilettantistiche nell’ambito delle medesime discipline dilettantistiche dell’attività sportiva non abbiano riportato condanne passate in giudicato per delitti non colposi e non siano stati assoggettati da parte del CONI o di una qualsiasi delle Federazioni sportive nazionali ad esso aderenti a squalifiche o sospensioni per periodi complessivamente intesi non superiori ad un anno.
La carica di consigliere è gratuita e prestata a titolo di volontariato.
Il Consiglio Direttivo attua le deliberazioni dell’assemblea e dirige l’associazione con tutti i poteri di ordinaria e straordinaria amministrazione; delibera sulle domande di ammissione dei soci; redige gli eventuali bilanci preventivi ed il rendiconto economico e finanziario da sottoporre all’assemblea, fissa le date delle assemblee ordinarie dei soci da indire almeno una volta all’anno e convoca l’assemblea straordinaria qualora lo reputi necessario o venga chiesto dai soci; redige gli eventuali regolamenti interni relativi all’attività sociale da sottoporre all’approvazione dell’assemblea degli associati; adotta i provvedimenti di esclusione verso i soci qualora si dovessero rendere necessari; attua le finalità previste dallo statuto e le decisioni dell’assemblea dei soci.
Le riunioni del Consiglio sono convocate dal Presidente che ne fissa l’ordine del giorno. Il Presidente è obbligato a convocare la riunione del Consiglio ed a fissare specifici argomenti all’ordine del giorno, quando ne sia richiesto da almeno un terzo dei componenti in Consiglio.
La riunione del Consiglio è valida quando vi partecipi almeno la metà dei suoi componenti.
Le deliberazioni del Consiglio sono valide se assunte con il voto favorevole della maggioranza dei presenti. In caso di parità il voto del Presidente è determinante.
Le deliberazioni del Consiglio, per la loro validità, devono risultare da un verbale sottoscritto da chi ha presieduto la riunione e dal segretario. Lo stesso deve essere messo a disposizione di tutti gli associati con le formalità ritenute più idonee dal Consiglio direttivo atte a garantirne la massima diffusione.
Art.17 – Segretario
Il Segretario è nominato di volta in volta dal presidente anche tra i non associati. Il Segretario redige i verbali e li sottoscrive congiuntamente al presidente.
Art.18 – Decadenza degli organi associativi
I titolari degli organi associativi decadono:
– per dimissioni;
– per revoca, quando non esplichino più l’attività associativa inerente alla loro carica, o quando siano intervenuti gravi motivi.
La revoca viene deliberata dall’assemblea degli associati, sentito il Dirigente per la quale è proposta.
Le dimissioni, o la revoca, del Presidente della associazione comporta la decadenza di tutti gli organi statutari. In tal caso si applica la disposizione di cui al precedente art. 15 comma 2.
Le dimissioni, o la revoca, degli altri dirigenti determina la loro sostituzione con il primo dei non eletti nell’ultima assemblea, il quale rimane in carica fino alla scadenza della durata originaria dell’organo associativo.
Art.19 – Obblighi di comunicazione
La nomina e le variazioni dei titolari degli organi associativi devono essere comunicate al CONI e alle federazioni sportive cui l’associazione eventualmente aderisce unitamente a copia del verbale.
Art.20 – Bilancio
Il Consiglio Direttivo redige il rendiconto economico finanziario e gli eventuali bilanci preventivi da sottoporre all’approvazione assembleare. Ogni associato, in occasione dell’approvazione, potrà avere accesso a detti documenti.
Il bilancio deve essere redatto con chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale ed economico-finanziaria della associazione, nel rispetto dei principi di trasparenza nei confronti degli associati.
L’incarico della gestione amministrativo contabile dell’associazione, previo apposito mandato del Consiglio Direttivo, può essere affidata ad un socio tesoriere oppure ad un consulente esterno.
L’anno sociale e l’esercizio finanziario iniziano il primo di settembre (01/09) e terminano il trentuno di agosto (31/08) di ciascun anno.
Art.21 – Rappresentanti degli atleti e dei tecnici
Il Presidente con cadenza annuale, o comunque coerente con le norme sportive vigenti, convoca e presiede riunioni degli atleti/e tesserati e maggiorenni – nonché, ove vi siano le condizioni, dei tecnici -, per l’individuazione, tramite elezione od altri metodi di espressione democratica, del rappresentante degli atleti/e e del rappresentante dei tecnici. I rappresentanti così individuati esercitano tutti i diritti loro riconosciuti dall’ordinamento sportivo.
Art.22 – Devoluzione del patrimonio
In caso di estinzione dell’associazione il patrimonio residuo dopo la liquidazione dovrà essere devoluto, secondo la delibera dell’assemblea che decide lo scioglimento, ad altra associazione con finalità analoga o comunque sportiva.
Art.23 – Clausola compromissoria
Tutte le controversie insorgenti tra l’associazione ed i soci e tra i soci medesimi saranno devolute all’esclusiva competenza di un mediatore nominato da un organismo di conciliazione di Firenze.
La parte che vorrà sottoporre la questione al mediatore arbitrale dovrà comunicarlo all’altra con lettera raccomandata a.r. da inviarsi entro il termine perentorio di 20 giorni dalla data dell’evento originante la controversia, ovvero dalla data in cui la parte che ritiene di aver subito il pregiudizio ne sia venuta a conoscenza.
Art.23 – Norma di rinvio
Per quanto non previsto dal presente statuto si applicano le norme di legge o le disposizioni del CONI.
Il presente Statuto è stato approvato dall’associazione nella riunione del 6/6/2011
Nel rispetto dell’obbligo di trasparenza sui contributi pubblici ai sensi della LEGGE 4 agosto 2017, n. 124, rendiamo disponibile alla consultazione il seguente documento: QTFI – Trasparenza
“Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo.”
Rappresenti un’associazione o un ente e vuoi realizzare un progetto con Quartotempo? o vorresti fare del volontariato?